Come noterà chi inizia a frequentare questo nuovo blog-luogo di PoesiaPresente, se si vuole inserire un proprio commento, si incontra la compilazione di un campo obbligatorio: nome (anche nik name) di chi scrive. Si firma. Perché questa scelta?
Escludendo la possibilità di interventi in forma anonima, è vero, si rischia in partenza sulla quantità dei commenti. Che, diciamolo, per quanti inseguono il fascino del “primo impatto” e le logiche dei numeri, fa la qualità di una discussione, anche se un’alta percentuale di quello che si legge è fuffa.
Dietro questa scelta non c’è solo il fatto che il fenomeno dell’anonimato abbia risvolti negativi sui nervi delle persone – anche quando capita di incontrare commenti di segno costruttivo, anziché solo anonimi sassi lanciati negli stagni – perlomento in quelli soggettivamente ritenuti tali.
Nel web si possono reperire software di gestione dei propri commenti a blog e social network, pubblicizzati ad un target preciso: il commentatore, colui cioè che preferisce aderire alle discussioni inaugurate dai siti che ama frequentare, piuttosto che gestirne uno proprio dal quale lanciare riflessioni, provocazioni, notizie.
C’è chi si è giocato una faccia facendo il commentatore con tanto di nome e cognome, o di nik name facilmente “smascherabile” dalla cerchia delle proprie frequentazioni internettiane. Chi si è costruito addirittura un’autorevole notorietà.
Non so quanto ne siano consapevoli costoro, ma io sono convinto che anch’essi sognino una Repubblica delle Lettere come quella sognata dai nostri giganteschi antenati, un’Agorà dove, scavalcati i confini assurdi che dividono il mondo, ci si confronta con grande libertà, a volte anche in modo duro e serrato, fra persone a viso aperto. O dove è sotto gli occhi di tutti se un complimento è un segno di reale stima o solo una bassa adulazione. O dove una naturale ritrosia a gettarsi nella mischia potrebbe, un giorno chissamai, superarsi, a beneficio proprio prima che altrui. O dove le idee ballerine in merito a ciò di cui si tratta, contano fino a dieci prima di uscire da una bocca che si nasconde dietro una colonna del porticato.