Dopo il colloquio con Candelaria, ecco ora una breve selezione di suoi testi, per i quali Margherita Ealla ha voluto lascarci alcune tracce di lettura, con il suo consueto sguardo che sa essere al contempo di coinvolta partecipazione emotiva e di lucida analisi critica.
Nel circo del mondo
China nera
unisci terra e cielo all’orizzonte
Foglio bianco
sii rete
accogli il salto mortale.
giornata dei fuori luogo
soffrono oggi quelli che ieri stavano bene
come nell’antico carnevale s’invertono le parti
ciò che usciva sconnesso
oggi danza composto.
La matta del panificio sorride prontamente
sa cosa voglio
sicura mi augura buon pomeriggio
ringrazio perplessa e felice
oggi è il nostro giorno
giovedì 27 gennaio 2006
alle madri
Le Madri di Plaza de Mayo hanno smesso di marciare
il nemico non è più al potere
si volta pagina
possiamo allontanarci dai cannoni
scambiare altri sguardi senza polvere da sparo negli occhi.
Ma chi si ricorda come era prima?
Come ci si stringe senza lo scoppio?
Come ci si bacia senza sirene?
Dove si va senza dover correre al riparo?
Come ti amerò ora che non muoio?
Sputo di mamma
Il vento nasce dal mio dondolo
un cuore dipinto di blu è il mare con un cuore dentro
e tu madre mi sputi in faccia
non sai dove mettere l’ira
urli
e mi rubi baci bagnati.
Immigrata senza voto
Mi aggiro rotonda
nella città quadrata
spigoli arrestano il fiato
riconosco che non vuoi vedermi
non vuoi baciarmi
no mirarme no besarme
invece baciami
besame mucho
per quello che sono
per quello che tu non sei in me.
La Colf
corteo studentesco blocca il traffico
manifestanti sbandierano a ritmo di musica ska
dalle finestre della CGIL sindacalisti piangono.
Dentro attillati pantaloni tigrati
la colf attraversa la strada
arriccia il naso scuro
impreca in swahili
arriverà tardi dal padrone.
Antichi diritti dipinti a mano
Trattamento per l’ovaio policistico
Oggi potrei morire. Pancia dura, spalle strette al collo.
Rubus Idaeus; contro la ritenzione idrica, tensione mammaria, irritabilità..
No, oggi forse non morirò, ma come Crono mangerò vivi i miei figli.
Humulus Luppulus; sedativa sul sistema nervoso.
O forse oggi non ucciderò nessuno ma soffocherò tutto il fuoco dentro.
Staphysagria; per paziente frustrata con idee sessuali ossessive.
O forse oggi non succederà proprio niente .
Agnocasto; per la sindrome premestruale
Lascerò libero un posto al manicomio
un altro dietro le sbarre ed un prete senza messa funeraria da celebrare.
Ma so per certo che non c’è bosco che possa ardere per me.
A mio marito
quando parli della morte
di che morte parli?
della morte dell’amore
della fame di che fame di cosa?
del freddo nelle ossa nel cuore?
dell’esplosione nel ventre del nero della gola?
del rosso del dente?
e poi dove sei che non ci sei mentre muoio?
E poi
quando parli
se mi parli
cerca di respirare lentamente e poi
muori per favore
assieme a me.
*
Stanotte ho parlato con Dio
ci siamo guardati negli occhi
senza preghiere né gocce di battesimo
ci siamo scambiati idee comuni parole
ho chiesto del suo corpo se là fuori oppure là in quel altra guerra
a volte rispondeva altre volte taceva
solo l’aria cambiava i sospiri direzione.
Abbiamo parlato di te dell’assenza del vuoto
del peso della fame che non è fame
e poi il momento del saluto
il silenzio come prima.
Stanotte ho parlato con Dio
senza chiamarlo per nome
è bastata la notte
un buon bicchiere di vino
suo sangue
il rosso dentro.
*
strappare gli schizzi
buttare al mare
lettere d’amore marcio
stinco di maiale
Basta con portare appresso il superfluo
putridume nel diaframma
Già pesa il resto
Il pane e Dio
benedetto tu sia che resti in me.
Minnen
Nej! Jo!
Jag skulle jarna vilja!
Men idag kommer inte orden ut
Anda finns minnen
Ljuset Oland’s bla gula drakt
Och alla blad som langstamt fastnat pa min svenska klanning
Ricordi
No! Si!
Vorrei tanto!
Ma oggi le parole non escono
Nonostante i ricordi
Luce vestito giallo – blu di Oland
E tutte le foglie lentamente attaccate al mio abito svedese.
Cantilene e filastrocche
Filastrocca canticchiata mentre guardi saltare tua sorella sulla corda
E pensi ai salti e la corda e canti
appare un uomo
è il tonto del quartiere
farfuglia qualcosa
mia sorella è sua preda
mutande bianche scese sulle ginocchia piccole gambe nude
odore di urina
silenzio singhiozzi.
Su quel terrazzo non si gioca più.
Filastrocca a metà
Conta dimezzata
La voce di una madre irrompe.
Il tonto scappa.
Da allora non ricordo più come faceva la cantilena.
landscape e inscape
a Mia, amica migrante
Un paesaggio fuori ed un’altro dentro
I colori non coincidono
Tra le fughe della tavolozza ci si perde
l’aria diventa piccola
risposte stringono.
Raccogliamo cartoline turistiche
viaggi del non ritorno.
Mare
La poesia non si posa mai.
Mario Romero
Il corpo vibra sotto l’ocra della veste indiana
Non c’è balsamo che possa placare il sole
Pescara
vestita di schiuma
sguardo verde acqua
sorride agita onde
sole adagiato sul mare
s’affoga
il desiderio è un cavallo nero aggiogato a redine sciolte
Compito degli angeli inchiodare con parole il mare
Porto San Giorgio
Chiamateli alpargatas
Oppure espadrillas
rivelante è la iuta che avvolge il piede
importante è schivare pozzanghere
evitare lo sporco del mondo
scarti
dimenticanze del cielo.
Erranti fragili le alpargatas
delicate compagne di viaggio
prudenti nel passo
raccolgono sospiri del mare.
Ostuni
Affreschi arabeschi sulle case di Ostuni
migranti in piazza anziani negozi di fischietti.
Ostuni splende anche d’autunno
nell’internet cafè attese virtuali prolungano il tempo
tra un enter ed un canc
il mare ricorda gli sbarchi
pietra bianca cielo blu.
Uno sguardo a Poesie di fine mondo
di Margherita Ealla
A partire dal “Foglio bianco”, che l’autrice esorta a diventare “rete” (a trattenere e salvare)
per “il salto mortale” (in una riuscitissima definizione di esistente)
ecco il “nero della gola” farsi nero di china che risale (la gola-china) di una parola in divenire, aprendosi, via via, al colore:
“blu di mare, “blu di Oland”, “Luce vestito giallo” , “rosso del dente”
per restituirne le tonalità fondamentali, declinate proprio nelle specificazioni (“di mare”, “di Oland”, “del dente” ecc..) che le rendono allo stesso tempo uniche e universali
così come uniche e universali sono le asserzioni dell’ottima “Trattamento per l’ovaio policistico”
(dove la femminilità risulta alle prese contemporaneamente con principi personali / attivi e relative indicazioni di diagnosi e di posologia, in un bel crescendo amaro d’ironia)
e uniche e universali le domande socio-esistenziali di diversi testi (quelle, ad es., in “A mio marito”)
per un colloquio, intimo, ma non egocentrico,
con l’io (l’ovaio, appunto),
con Dio (ma “senza chiamarlo per nome”, ah il pudore di queste poesie!)
con l’altro (chiamato non ad un mero riscontro -di fatto- ma ad un incontro, ad un movimento di riconoscimento e condivisione:
“se mi parli / cerca di respirare lentamente e poi /muori per favore /assieme a me.”)
Il tratto, dunque, saliente di queste poesie è, con poca o nessuna concessione al virtuosismo, quello di un caleidoscopio che indirizzato sullo spettro del mondo, non solo lo frange nel qui ed ora “di circo” e di “giornata dei fuori luogo”, o anche lo inverte “come nell’antico carnevale “ perché “soffrono oggi quelli che ieri stavano bene”,
ma lo restituisce come “landscape e inscape” migrante e rilevante (così come “rivelante è la iuta che avvolge il piede”) della tensione etico-sociale di uno sguardo che, denunciando la spicciola autoreferenzialità esistenziale (“riconosco che non vuoi vedermi”) e la relativa claustrofobia (di aria che “diventa piccola”),
sa abbracciare ”l’Immigrata senza voto” / volto, “per quello che sono/per quello che tu non sei in me”.
In questo modo, se anche (spesso), “I colori non coincidono” e “Tra le fughe della tavolozza ci si perde”, proprio partendo da quel bianco iniziale, risulta possibile che nel bianco rete-rifrazione della pagina, rimanga il verso a testimone
e rimanga, a dispetto e in virtù della tentazione di “strappare gli schizzi”, come “un antico diritto dipinto a mano” (giusto per declinare mediante una bellissima immagine la necessità etica della scrittura, utilizzando in positivo quello che è invece, nel contesto della poesia “La Colf”, un verso efficace e molto riuscito di denuncia).
Questo, infine, in sostanza:
ogni istantanea di questo paesaggio migrante è colta come movimento di uno sbarco (all’occhio-alla sensibilità non solo lirica, ma in toto, dell’autore), “scarto”- scatto da immortalare, per sopperire, più che alle “dimenticanze del cielo”
(ché, per forza di cose, con un Dio che a volte tace a volte risponde, rimangono inevase diverse domande)
alle negligenze e intolleranze dell’umano, tanto più quando proclama “importante è schivare pozzanghere/evitare lo sporco del mondo”.
Qui, lo sporco, il nero dei versi, il male, ma anche il colore, la tensione oltre, appunto.